di Lucio Michele Balbo  
     
  ualcuno scrive che questo fucile fu prodotto in soli tre esemplari, altri autori sostengono che si arrivò ad un massimo di dieci.
Quello che certamente possiamo affermare è che ci troviamo di fronte ad un pezzo veramente interessante non soltanto per la rarità ma soprattutto per la particolare organizzazione meccanica che è testimonianza  della fecondità tecnica che caratterizzò la seconda metà del XIX secolo.
 
  È questo infatti il periodo della transizione dall'avancarica alla retrocarica e, sul finire del secolo, della transizione dalla polvere nera alla polvere infume.  
  Tutti i grandi nomi dell'archibugieria si dedicarono  allo studio ed alla realizzazione di sistemi di chiusura che garantissero il solido accoppiamento di canne e culatte -divenute parti separate-  ed al tempo stesso la praticità di utilizzo.  
  Se le armi basculanti possono apparire al profano relativamente semplici in realtà la loro realizzazione comporta la soluzione di diversi problemi.  
  Quando si spara  la pressione dei gas prodotti dalla combustione della polvere è efficace in una sola direzione  essendo contenuta dalla faccia di bascula e dalle pareti della canna.  
  Attriti ed inerzia del proietto tendono a spingere la canna in avanti; questo movimento è ostacolato dal perno di chiusura e dalla eventuale terza chiusura.  
  Il perno sviluppa una reazione elastica resistente parallela e di senso opposto alla forza che spinge in avanti la canna. Da queste due forze nasce una coppia rotatoria alla quale dovrà resistere il chiavistello che entra tra i ramponi.  
  Tale forza a sua volta, in virtù della resistenza offerta dai ramponi, genera un'ulteriore coppia, che tende a creare torsioni sulle canne, le quali tendono a scollarsi lateralmente   dalla bascula; per questa ragione, appaiono alla fine del XIX secolo le cosidette "terze chiusure" o "chiusure superiori" tanto necessarie che W.W. Greener (vedi "The modern breech loaders, sporting & military")  dichiara che i suoi fucili venivano consegnati muniti di tale chiusura (nel caso di specie, ovviamente, una "terza Greener") salvo espresso diverso ordine del committente, al quale peraltro  veniva sconsigliata questa scelta.  
  Ovviamente, tanto maggiore è l'energia espressa dalla cartuccia, tanto più questa terza chiusura si rende necessaria. Infatti  sulla vetusta e provata copertina del citato  libro di Greener compare ( poi commentato all’interno) il disegno della bascula studiata per “elephant and large duck gun” , munito della robustissima cross bolt, o chiusura a T,  coadiuvata appunto da una terza chiusura Greener.  
  Anche il Lancaster express  in .577 - 2  3/4"   qui illustrato  vede affiancarsi alla cross bolt una robustissima  chiusura Westley Richard, meglio conosciuta come Puppet head o Testa di bambola: l’unica a nostro avviso paragonabile per efficacia ad una Greener,  
  Dobbiamo tenere presente a tale proposito che la grandissima maggioranza delle doppiette inglesi, almeno negli anni d'oro di questa produzione,  non presentava una chiusura  ai ramponi a duplice giro di compasso (parliamo della classicissima "Purdey") ma che la resistenza era affidata al traversino ed alla faccia anteriore del  primo rampone e che pertanto la chiusura superiore si rendeva veramente indispensabile.  
  Soltanto più tardi, con l'introduzione della chiusura "romagnola" ad opera dei nostri splendidi artigiani, la chiusura ai ramponi assume una differente solidità, dipendente dal perfetto aggiustaggio delle superfici di contatto e, non ultimo, dal diverso disegno del rampone posteriore che entrando per una parte nel recesso ricavato posteriormente alla faccia di bascula cambia la geometria della chiusura, modificando favorevolmente il tipo di leva.  
  La potenza infatti non si trova più sullo stesso piano della resistenza rappresentata dal rampone posteriore, ma tra questa (che si è spostata dietro la prosecuzione ideale della faccia di bascula) ed il fulcro rappresentato dal perno. Ovviamente, la leva è enormemente meno efficace, con grande giovamento per le chiusure, molto meno stressate.  
     
  Le chiusure di queste armi non possono essere approssimative, richiedono aggiustaggi perfetti "a rifiuto d'olio" che, ancora oggi nell'era delle macchine a controllo numerico, devono essere se non completamente realizzati almeno finiti manualmente. Quando questo non si realizza ci troviamo di fronte ad armi forse costose ma non certamente fini.  
  Nel caso dei fucili Express una ulteriore complicazione è dovuta alle notevoli energie in gioco.  
  Una delle chiusure più solide ed al tempo stesso più semplici è la chiusura a "T" ideata da Henry Jones. ( vedi la scheda sul Lancaster oval bore)  
  Unico difetto di questa chiusura è una relativa lentezza di azionamento, per cui fu presto superata con l'ideazione delle chiusure Purdey.  
  La chiusura a "T" rimase tuttavia in uso su molti  Express sino ai primi anni del '900 grazie alla sua indiscussa solidità ed al fatto che queste armi sono dedicate a tipi di caccia ove non è richiesta rapidità di ripetizione oltre il secondo colpo.  Chi non abbatte un "cafro" al secondo colpo non avrebbe comunque il tempo di sparare il terzo!  
  Nel periodo storico che stiamo prendendo in  considerazione oltre ai tipi di chiusura che rimasero in uso sino ai nostri giorni, come la duplice Purdey e la triplice Greener, furono realizzati anche altri interessanti sistemi che, se ebbero vita più breve, non sono per questo meno interessanti né dal punto di vista tecnico né da quello storico.  
     
  Nel 1841 la casa scozzese Dougall -presente a Glasgow sin dal 1760 con manufatti dedicati alla caccia- entrò nel mondo dell'archibugieria.  
  James Dalziel Dougall (1760-1896) ottenne il 7 Maggio 1860 il brevetto Nr. 1128 per il suo sistema di chiusura  "LOCKFAST"  
  James  Dougall produsse, con questa chiusura, soprattutto doppiette  a canna liscia ma, considerando la grande robustezza del suo sistema, si cimentò anche nella produzione di un numero limitatissimo di Express.  
  Dougall fu anche uno dei pochi armaioli  in grado di dedicarsi anche alle lettere, scrisse alcuni libri dedicati alla caccia ed alla pratica delle armi da tiro e numerosi interventi su riviste di settore.  
  La qualità dei suoi prodotti venne premiata con i riconoscimenti  del Duca di Edimburgo e, dal 1874, del Principe di Galles (che diverrà Re Edoardo VII).  
  L'azienda  dal 1864 al 1893 ebbe sede a Londra. A fine '800 passò in proprietà di Ingram che tuttavia, sino al 1929, continuò a marcare "Dougall" i fucili  con le caratteristiche specifiche del loro ideatore.  
     
 

 
     
 

Il "LOCKFAST"

 
 

Il sistema ideato da J. D. Dougall è relativamente semplice.

 
  La faccia di bascula presenta due risalti cilindrici al centro dei quali troviamo i fori dei percussori.  
  Il vivo di culatta a sua volta presenta due incavi nei quali vanno ad incastrarsi i due risalti della faccia.  
  Sul fianco destro della bascula troviamo una chiave collegata con il perno di rotazione, questo ha una porzione eccentrica. Ruotando in basso la chiave l'eccentrico fa avanzare le canne di quel tanto che basta a svincolare la culatta dai risalti. A quel punto le canne sono libere di ruotare in basso.  
  Ad arma chiusa i risalti inseriti nei loro recessi del vivo di culatta svolgono la funzione del tassello inferiore Purdey o del catenaccio delle chiusure a "T" contrastando la coppia di rotazione e realizzando una solidissima chiusura.  
     
 

 
     
 

 
     
 

 
   
     
  EXPRESS DOUGALL LOCKFAST Cal. .500 - 3"  
     
 

 
     
 

 
     
  L'arma presenta la linea filante tipica dei fucili inglesi ottocenteschi. La calciatura, in solidissimo noce, trasmette una sensazione di grande robustezza -come d'obbligo negli Express- ed al tempo stesso di raffinata eleganza.  
  Si è scelto infatti un legno molto bello ma non "nuvolato" in quanto la venatura che segue la linee di sviluppo del rinculo conferisce maggiore solidità al calcio.  
  L'impugnatura a pistola è studiata per una presa salda e sicura. Coccia e calciolo sono in corno.  
     
 

In questi potenti fucili era quasi d'obbligo, per non indebolire la bascula con gli alloggiamenti delle cartelle delle batterie, ricorrere all'impianto a cani esterni con  acciarini a molla indietro.

 
 

In questo modo il materiale asportato dalla bascula è ridotto all'essenziale.

 
 

Anche successivamente all'avvento delle batterie sidelock a cani interni, sui moderni express veramente fini i fabbricanti adottarono questo accorgimento non ostante i rilevanti progressi della metallurgia e la conseguente maggior resistenza della bascula a parità di sezione del metallo; parimenti sui fucili veramente “importanti”, destinati a tuonare in savana e non ad ornare caminetti o ad abbattere cinghiali dall’altana, è ancora presente il  doppio grilletto, che assicura la possibilità di sparare almeno uno dei due colpi in caso di malfunzionamento di uno dei due gruppi di scatto, appunto del tutto indipendenti l’uno dall’altro.

 
     
 

Le lunghe piastre degli acciarini contribuiscono all'eleganza dell'insieme, ma soprattutto consentono l'uso di molle molto lunghe  per ottenere una estrema dolcezza dell'armamento ed al tempo stesso una prontissima percussione.

 
 

I cani  hanno dimensioni generose, le creste sono ampie ed elegantemente curvate all'indietro, il loro zigrino è deciso, per garantire una presa sicura anche nei climi torridi di impiego di queste armi. Per lo stesso motivo anche la zigrinatura dei legni è di medie dimensioni preferendo al virtuosismo di una  zigrinatura fine la garanzia di una impugnatura certa anche in situazioni estreme.

 
  I seni di bascula sono contornati da eleganti conchiglie che avvolgono i grossi grani dei percussori.  
 

Sulla piastra destra  oltre alla stanghetta della sicura del cane troviamo anche la sicura di bloccaggio della chiave. Questi ed altri particolari sono di uno splendido "blu di forgia"

 
 

 
 

 
 

 
     
  Sulla lato sinistro della bascula  il riconoscimento di fornitore del Duca di Edimburgo; quello di fornitore del Principe di Galles era invece posto sulla bindella, col marchio della Casa.  
     
 

 
     
  Il petto di bascula è caratterizzato  dal marchio di brevetto del sistema lockfast, un semplice e finissimo ornato la contorna avvolgendo il tenone finemente inciso e le teste delle viti.  
 

 
     
  Bascula e piastre degli acciarini sono tartarugate. Questo procedimento, che è una tempera, si faceva disponendo i pezzi in una cassetta metallica chiusa con un coperchio completamente circondati da una graniglia ottenuta da ossa di animali tritate (principalmente ossa di cavallo) a cui a volte, per ottenere una tempera più dura, si aggiungevano scaglie di unghia di pecora e maiale. Certe sfumature di colore erano date da pezzetti di cuoio sapientemente dosati.  
  La cassetta chiusa veniva posta sui carboni ardenti e dopo più di un'ora i pezzi, al calor rosso, venivano estratti ed immersi in acqua piovana o comunque distillata per evitare che presenze di sali disciolti alterassero il colore della tartarugatura.  
  Ogni artigiano archibugiere aveva la sua ricetta segreta ... quella di Dougall doveva essere eccezionale!  
  È cosa triste confrontare queste splendide tartarugature  con i surrogati chimici oggi in voga su tante repliche.  
     
  Nella scelta del materiale per le canne Dougall fu piuttosto innovativo preferendo canne in acciaio a quelle in costosissimo damasco abitualmente usate per le armi coeve.  
  Le canne sono unite con sistema demibloc, il rampone è inserito a coda di rondine e saldato.  
  La rigatura a passo lungo è tipica delle armi a polvere nera.  
 

 
     
 

Scheda del calibro

 
     
     
     
  Si ringrazia Fabio Gualtiero Pagani titolare dell'Armeria Parabellum per la collaborazione